Si può ritenere che la crisi che ha avviluppato la maggior parte dei paesi di più antica industrializzazione, con il suo seguito di impoverimento, disorientamento e rabbia sociale, sia la conseguenza di alcuni grandi mutamenti di portata storica, tra loro fortemente legati.
Elenco quelli che mi sembrano più significativi (tralsciando, per carità di patria, le peculiarità che hanno aggravato la posizione del nostro paese):
1. il trasferimento di reddito e lavoro a livello mondiale a favore dei paesi usciti dal giogo del colonialismo, ricchi di petrolio, materie prime e serbatoi di manodopera a buon mercato;
2. una distribuzione del reddito all'interno delle comunità nazionali che ha favorito eccessivamente il capitale e le sue tecnocrazie, a scapito del lavoro;
3. la deregolamentazione del sistema bancario e finanziario internazionale, che ha permesso l'adozione di politiche di impiego spregiudicate e prassi speculative foriere di instabilità e crisi;
4. la schiavitù culturale verso un modello di sviluppo e di benessere basato sul consumo vorace di beni materiali appropriabili.
Invidio, ma allo stesso tempo temo, le certezze di quanti ritengono che le sfide che la nostra comunità nazionale si trova oggi ad affrontare, possano trovare composizione nella scelta di uscire dall'euro.
Guardando poi la questione da un punto di vista meramente pratico, la via "politica" di uscita dall'euro richiede che nel paese ed in parlamento si formi una
maggioranza assoluta che creda, con assoluta certezza, che questa sia l'unica
priorità da perseguire.
Quand'anche i ragionamenti sul ritorno alla lira fossero corretti, se consideriamo il livello di consapevolezza del
cittadino medio e la comprensibile resistenza ad ogni sovvertimento dell'ordine,
la maggioranza necessaria all'uscita dell'euro potrà crearsi solo se il nostro paese raggiungerà condizioni
di sofferenza paragonabili a quelle sperimentate dal popolo greco (le quali, tra
l'altro, non sono ancora sufficienti a convincere i cittadini di quello Stato ad uscire
dalla moneta unica ...).
Ecco... io mi auguro da una parte che il nostro
Paese non arrivi a tale livello di disperazione sociale ... e, dall'altra, che non si debba aspettare di
uscire dall'euro per cercare di dare ai suoi cittadini più opportunità e più giustizia.
Un cordiale saluto.
Emilio L.
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