"L'illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari". (Antonio Gramsci)

sabato 27 aprile 2013

Lavoratori schiacciati dalle pensioni (altrui) - prima puntata

Come ho cercato di condividere qui e qui, il fatto che il paese si ritrovi oggi a vivere "al di sopra delle proprie possibilità", gravato dal debito accumulato verso l'estero, non dipende tanto dal livello della spesa interna e neppure dall'entità, in sè, della quota intermediata dallo Stato, il cui ruolo è anzi è essenziale per riuscire a coordinare le risorse di un paese e focalizzarle su obiettivi di rilevanza strategica.

Il nodo vero è un altro, e chiama in causa la destinazione della spesa: in uno scenario in cui nuovi paesi emergenti si sono affacciati sul mercato mondiale per reclamare quote crescenti di lavoro e reddito, una parte troppo esigua è stata investita per rinnovare i fattori competitivi del nostro paese ed il suo modello di sviluppo.

Per troppo tempo, infatti, la Politica ha gestito la spesa pubblica e l'imposizione fiscale quale strumento per contendersi il consenso nell'immediato, non disdeganando di farsi tirare la giacchetta da gruppi di interesse e categorie di ogni sorta.

Le pensioni rappresentano il capitolo più importante della spesa pubblica e l'esempio più eclatante del suo appiattimento su interessi particolari declinati al tempo presente. Per rendersene conto è sufficiente leggere il Rapporto sul sistema pensionistico obbligatorio elaborato dal Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale costituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

domenica 21 aprile 2013

Il Movimento 5 Stelle ed i calcoli di bottega

Beppe Grillo ha bollato la rielezione di Napolitano come un "colpo di stato".

I suoi simpatizzanti affermano che per il paese si tratta della scelta peggiore che potesse essere presa.

E non c'è da dubitare che qualsiasi governo dovesse nascere senza la partecipazione del M5S sarebbe condannato senza attenuanti.

Considerato il peso che il M5S ha nel nuovo parlamento ed i tentativi per raggiungere un'intesa promossi dal PD, le interpretazioni possibili sono due:

  1. la guida del M5S non è riuscita ad evitare "il peggio" perchè si tratta di una manica di sprovveduti;
  2. la guida del M5S ha deliberatamente accettato che si verificasse "il peggio" perché conviene così.
Ipotizzando che la nr. 1 non sia la risposta corretta, restano da delineare i termini del calcolo di convenzienza che spinge il M5S a rifiutare il compromesso che permetterebbe ai suoi rappresentanti di entrare nella "stanza dei bottoni" e far valere le proprie idee.

La mia opinione è che il M5S in questo momento non ci tenga affatto a governare.

In una situazione di crisi come quella attuale, sul governo si scaricano aspettative e tensioni sociali elevatissime, a fronte di spazi di manovra angusti che possono essere allargati solo al prezzo di ulteriori manovre fiscali.

In questo sentiero stretto ed irto di ostacoli, non vi sarebbe "gloria" a buon mercato per il M5S, bensì il rischio di inciampare perdendo per sempre l'aurea della novità rispetto ai partiti tradizionali ed imboccare la parabola discendente.

Meglio allora che siano i soliti, vituperati partiti ad andare avanti assumendosi gli oneri del governo; mentre il M5S si arrocca all'opposizione in attesa di vedere passare il cadavere del nemico trasportato dalla corrente del fiume.

Se la guida del M5S punta a prendere più voti nelle prossime elezioni, il ragionamento non fa una piega.

Ma nel riconoscerlo rimane una perplessità, un'amarezza ...

... il M5S è dunque disposto ad accettare "il peggio" oggi per poter prendere più voti domani ...

... baratta quello che esso stesso giudica essere l'interesse generale del paese, ovvero il grande cambiamento, per un proprio tornaconto politico. 

Ma allora cosa differenzia i rapprsentanti del M5S da quelli degli altri partiti, accusati di essere attaccati al loro potere? Solo il fatto di essere facce nuove come lo erano a suo tempo quella di Berlusconi e di Bossi, e come si propone oggi Renzi ?

Basta! Non c'è più tempo per calcoli e tattiche. Neanche per il M5S. La sofferenza viva delle persone deve imporre a chi abbia chiesto agli elettori il mandato di governare il paese, di smetterla con i calcoli di bottega, e di svolgere la propria missione con assoluta dedizione e generosità senza pensare agli esiti della successiva competizione elettoriale. La Politica deve essere al servizio del Paese e non viceversa!

Un cordiale saluto.
Emilio L.

mercoledì 17 aprile 2013

Uscire dall'euro? Una possibile evoluzione della crisi che non giustifica l'inerzia nel presente

Pubblico di seguito un paio di commenti ricevuti al mio precedente post Spunti di riflessione, nel quale avevo parlato delle cause della crisi e formulato delle proposte per un modello di sviluppo alternativo.

I commenti sono apparsi su un blog che si chiama Orizzonte48.
 
Mr Quarantotto
Vedo che sei assestato sulla linea che "abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità"; che addirittura l'aggregato di "spesa corrente, consumi e investimenti immobiliari" sarebbe la causa dell'eccesso di importazioni, senza menzionare il vincolo della moneta unica e i tassi di cambio reale che, a tacer delle manovre tedesche su salari, IVA e sussidi diretti alle imprese, sconsigliano comunque le aree valutarie. Specie se, prive di sistema di trasferimenti, sono gestite solo da una BC monetarista e deflazionista (che induce la convenienza delle politiche tedesche in violazione dei trattati). Sostanzialmente hai messo su un blog per lodare il pareggio di bilancio e la sua gestibilità come trauma minore (rispetto a ragionamenti sull'uscita dall'euro che sarebbero di dubbia correttezza).
 
Lorenzo Carnimeo
Fosse stato bravo, si sarebbe guardato bene dal citare consumi e investimenti immobiliari tra le cause della crisi dopo aver sprecato un intero post precedente per sostenere che il debito privato non c'entrava nulla e che tutta la responsabilità era da attribuirsi al disavanzo del settore pubblico (leggere per credere!). E' evidente che le due versioni dei fatti non vanno d'accordo e si contraddicono a vicenda.
 
Non avendo avuto l'opportunità di vedere pubblicata la mia replica su quel blog ... lo faccio qui.

giovedì 11 aprile 2013

Spunti di riflessione sulla crisi e su un nuovo modello di sviluppo

Partiamo da un paio di fenomeni apparentemente banali.

Primo: le nostre case si sono riempite delle nuove meraviglie offerte dalla tecnolgia digitale (schermi, lettori, videogiochi, smartphone, tablet ...).

Secondo: sulle nostre strade si vedono sempre più auto "importanti" (se consideriamo alcuni marchi blasonati di proprietà tedesca  - audi, bmw, mercedes e mini - la quota sulle immatricolazioni italiane è aumentata costantemente, passando dal 6,28% del 2000 al 10,53% nel 2011).

Sono solo due esempi di scelte di acquisto (o aspirazioni) diffuse e legittime.

Ciò che le accomuna è che si tratta di manufatti importati, come ormai la maggior parte di quelli di cui ci serviamo quotidianamente. Ogni volta che li acquistiamo, una parte del reddito nazionale fuoriesce dall'Italia e non può essere rimessa in circolo come consumo, nè può diventare risparmio per finanziarie gli investimenti.

Importare dall'estero è cosa normale. Si pensi al petrolio ed alle materie prime di cui il nostro paese è privo. Ma diventa un problema se il paese non riesce a compensare i flussi di pagamento in uscita sull'estero con altri in entrata, originati da esportazioni, turismo e così via.

Altro problema è il livello di indebitamento dei residenti (pari alla somma di quello pubblico e di quello privato, contratto da imprese e famiglie), che è cresciuto ad un ritmo più sostenuto del risparmio nazionale che dovrebbe finanziarlo.

In entrambe i casi, si tratta di squilibri che generano una dipendenza del paese dal credito che gli viene concesso da investitori stranieri. Se il fenomeno diventa strutturale e le risorse che il paese assorbe non servono ad accrescere la competitività delle sue produzioni, arriva il momento in cui gli investitori iniziano a temere il rischio di subire delle perdite, vuoi perche il debitore potrebbe dichiarare default e rimborsare solo parzialmente il suo debito, vuoi perchè potrebbe rimborsarlo in una moneta svalutata. La conseguenza è che gli investitori stranieri iniziano a smobilizzare le proprie posizioni sull'Italia (titoli di stato e crediti verso le banche) e richiedere tassi di interesse sempre più elevati per continuare a rifinanziare il debito, quale compensazione del maggiore rischio.

La crisi finanziaria che ha colpito l'Italia è stata innescata proprio dall'accumularsi di questi squilibri (per averne evidenza quantitativa si legga l'ultimo rapporto della Commissione Europea In-depth review for ITALY).

Volendo sintetizzare, si può affermare che l'aggregato costituito dalla spesa corrente dello Stato, dai consumi delle famiglie e dagli investimenti per l'acquisto di immobili ad uso abitativo, dal quale originano gran parte delle importazioni e dell'indebitamento verso l'estero, risulta sbilanciato rispetto alla capacità del nostro sistema economico di vendere beni e servizi ai non residenti. Questo significa che il paese, a livello macroeconomico, è vissuto per molti anni "al di sopra delle proprie possibilità".

domenica 7 aprile 2013

Crisi del debito pubblico: una storia già vista ...

Negli anni duemila e fino allo scoppio della crisi del nostro debito sovrano, nessuna parte politica si è levata per denunciare il crescente indebitamento dell'Italia verso l'estero, e proporre misure restrittive della spesa funzionali al riequilibrio dei flussi con l'estero, o una radicale riqualificazione di questa spesa a supporto della competitività del sistema industriale.

Sembra in effetti una storia già vista... proprio come negli anni Ottanta, anche questa volta il problema dell'indebitamento non è stato affrontato per tempo.

Guai a formulare foschi presagi! Non bisogna scontentare i cittadini! Si fa macelleria sociale! Si perdono le elezioni! Meglio allora tirare a campare... fino all'arrivo dell'immancabile resa dei conti, nella quale i problemi non affrontati in precedenza si ritrovano drammaticamente ingigantiti (effetto "snow ball").

Eppure grazie all'entrata nell'euro, lo Stato italiano ha potuto beneficiare appieno della riduzione dei tassi di mercato. Tra 1998 e 2010 la spesa per interessi sul debito pubblico si è ridotta ogni anno in media di 25 mld di euro rispetto a quanto veniva pagato in precedenza (vedi grafico). Complessivamente si è trattato di una somma superiore ai 320 miliardi di euro!

Arrivati sull'orlo del baratro, alcuni accostano la situazione dell'Italia a quella dell'Irlanda o della Spagna, affermando che la crisi finanziaria è stata originata dalla dinamica del debito privato e non dal livello raggiunto dal debito pubblico, che anzi in quegli anni è rimasto piuttosto stabile in rapporto al Pil.

Ma costoro prima di plaudire alla stabilità del debito pubblico, dovrebbero spiegarci dove sono andati a finire i 320 miliardi che lo Stato ha risparmiato in termini di minori interessi. Dovrebbero dirci come è stata "investita" questa montagna di soldi, o perchè non è stata utilizzata per abbattere il debito.

E quando si addita come causa della crisi la dinamica del debito privato, per onestà intellettuale si dovrebbe pure riconoscere che in Italia non c'è stata la bolla immobiliare che si è osservata nei paesi sopra citati e che l'indebitamento privato, pur se in crescita, si è mantenuto su livelli inferiori rispetto a quelli della zona euro.

La realtà è che la posizione finanziaria netta del settore privato ha comunque sempre evidenziato un avanzo su livelli ben superiori a qualli dei paesi della zona euro. Mentre, all'opposto, il settore pubblico si è mantenuto su livelli elevati di disavanzo, pur avendo potuto beneficiare del calo della spesa per interessi.

Tornando alle miserie del presente ... si osserva come il livello raggiunto dalla disperazione sociale fa oggi pendant con il disorientamento, la frammentazione, la corsa allo scaricabarile, la ricerca di nemici esterni e di complotti ai danni dell'Italia, la tentazione del ritorno all'autarchia finanziaria e commerciale ... insomma, niente di particolarmente nuovo nella nostra Storia.

Un cordiale saluto.
Emilio L.

sabato 6 aprile 2013

Euro causa di tutti i mali ?

Si può ritenere che la crisi che ha avviluppato la maggior parte dei paesi di più antica industrializzazione, con il suo seguito di impoverimento, disorientamento e rabbia sociale, sia la conseguenza di alcuni grandi mutamenti di portata storica, tra loro fortemente legati.

Elenco quelli che mi sembrano più significativi (tralsciando, per carità di patria, le peculiarità che hanno aggravato la posizione del nostro paese):

1. il trasferimento di reddito e lavoro a livello mondiale a favore dei paesi usciti dal giogo del colonialismo, ricchi di petrolio, materie prime e serbatoi di manodopera a buon mercato;
 
2. una distribuzione del reddito all'interno delle comunità nazionali che ha favorito eccessivamente il capitale e le sue tecnocrazie, a scapito del lavoro;

3. la deregolamentazione del sistema bancario e finanziario internazionale, che ha permesso l'adozione di politiche di impiego spregiudicate e prassi speculative foriere di instabilità e crisi;

4. la schiavitù culturale verso un modello di sviluppo e di benessere basato sul consumo vorace di beni materiali appropriabili.


Invidio, ma allo stesso tempo temo, le certezze di quanti ritengono che le sfide che la nostra comunità nazionale si trova oggi ad affrontare, possano trovare composizione nella scelta di uscire dall'euro.

Guardando poi la questione da un punto di vista meramente pratico, la via "politica" di uscita dall'euro richiede che nel paese ed in parlamento si formi una maggioranza assoluta che creda, con assoluta certezza, che questa sia l'unica priorità da perseguire.

Quand'anche i ragionamenti sul ritorno alla lira fossero corretti, se consideriamo il livello di consapevolezza del cittadino medio e la comprensibile resistenza ad ogni sovvertimento dell'ordine, la maggioranza necessaria all'uscita dell'euro potrà crearsi solo se il nostro paese raggiungerà condizioni di sofferenza paragonabili a quelle sperimentate dal popolo greco (le quali, tra l'altro, non sono ancora sufficienti a convincere i cittadini di quello Stato ad uscire dalla moneta unica ...).

Ecco... io mi auguro da una parte che il nostro Paese non arrivi a tale livello di disperazione sociale ... e, dall'altra, che non si debba aspettare di uscire dall'euro per cercare di dare ai suoi cittadini più opportunità e più giustizia.

Un cordiale saluto.
Emilio L.

venerdì 5 aprile 2013

Germania-canaglia! Euro-canaglia!

Negli anni che hanno preceduto la crisi del debito sovrano dei paesi "periferici", la Germania ha registrato un tasso di inflazione inferiore a quello medio dell'area Euro. Questo differenziale di inflazione, unito alla forte crescita della produttività dei fattori, hanno avuto per la Germania l'effetto di una svalutazione indiretta rispetto ai Paesi  che, pur condividendo la medesima moneta, presentavano una dinamica più sfavorevole di quelle variabili.

       Germania canaglia!

Guardando all'Italia e soffermandosi solo sul dato dell'inflazione,  c'è da interrogarsi su come sia stato possibile registrare un ritmo di crescita dei prezzi più accelerato rispetto agli altri Paesi ...

... sia negli anni in cui il PIL stagnava ...

      ... ed anche in quelli in cui il PIL franava!

A quanti oggi sparano a zero sull'euro come causa delle nostre difficoltà, non importa neanche approfondire quali siano state le origini sottostanti la nostra "diversità" ... non importa, ad esempio, se la maggiore inflazione sperimentata in Italia sia il risultato (se non della crescita, che non s'è vista!) di un conflitto distributivo che ha penalizzato la dinamica reale dei nostri salari, per ingrassare categorie e soggetti forti che possiedono il potere di mercato di imporre i prezzi ...

... perché la responsabilità è, a prescindere, degli ALTRI: tedeschi, austriaci, olandesi ... colpevoli, in questo caso, di non essersi adeguati ai nostri livelli di inflazione e di avere creato (anche per tale via) i presupposti per accrescere la competitività delle loro aziende a scapito delle nostre!

Insomma: ci piace farci menare per il naso per anni dai siparietti televisivi dei politici nostrani e poi, quando d’un tratto ci svegliamo perché il livello della disperazione sociale inizia a toccarci i piedi, piuttosto che guardarci dentro e riconoscere inerzie e connivenze per tentare di porvi finalmente rimedio, riteniamo più comodo andarci a cercare il primo "untore" cui rovesciare la causa dei nostri mali ...

... e pertanto: Germania canaglia! Euro canaglia!
 
Ma solo per i più acculturati, seguaci dei vari Bagnai & Co.

Per quelli che preferiscono una risposta più "de panza" vale il generico, intramontabile:

     politici vaff----- !!

Un cordiale saluto.
Emilio L.