"L'illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari". (Antonio Gramsci)

domenica 22 settembre 2013

Uscire dall'Euro: siamo sicuri che sia questa la priorità ?

I dati parlano chiaro: la crisi finanziaria che si è abbattuta sull'Italia è una crisi da bilancia dei pagamenti. Essa è stata causata dalla progressiva perdita di competitività delle nostre produzioni sui mercati internazionali e da un livello di indebitamento dei residenti (innanzitutto del settore pubblico) superiore al risparmio nazionale che avrebbe dovuto finanziarlo.

Come conseguenza, una quota sempre maggiore del debito pubblico e della provvista del sistema bancario è venuta ad essere finanziata da capitali esteri. Fino a quando, nell'estate del 2011, gli investitori stranieri hanno iniziato a dubitare della capacità delle controparti italiane di rimborsare i prestiti o di rimborsarli in Euro, iniziando a smobilitare le proprie posizioni e richiedere tassi di interesse più elevati per compensare il maggior rischio.

Da qui le politiche di austerità fiscale e la stretta del credito bancario, nel tentativo disperato di recuperare l'equilibrio finanziario perduto dal Paese attraverso la contrazione della domanda interna. Ma con gli effetti drammatici che sono sotto gli occhi di tutti: avvitamento dell'economia in una spirale recessiva, fallimenti, disoccupazione, svalutazione dei crediti bancari e stretta ulteriore sugli affidamenti, sofferenza sociale, instabilità politica ...

La domanda sorge spontanea: chi sono i "colpevoli" di questa (nuova) crisi finanziaria italiana ?

domenica 1 settembre 2013

Democrazia bloccata e Keynesismo cialtrone

L'immobilismo del governo Letta rende evidente il fatto che ci troviamo a vivere in una democrazia "bloccata"; intrappolata in una fitta rete di interessi particolari e di rendite di posizione ben rappresentati a livello politico,  originati e alimentati nel tempo dai circuiti della spesa pubblica o, all'opposto, dall'inerzia dell'intervento statale.

Si pensi, ad esempio:
  • ai professionisti della politica che hanno occupato ogni livello di governo, sempre pronti a compiacere i salotti buoni e le clientele elettorali;
  • ai milioni di pensionati trincerati dietro i propri "diritti acquisiti", che se la passano meglio dei lavoratori che faticosamente gli stanno pagando la pensione;
  • alle inefficienze, alla complessità e opacità della pubblica amministrazione, che resistono ad ogni tentativo di riforma;
  • all'evasione fiscale;
  • ma anche alla tolleranza rispetto allo sfruttamento continuativo del lavoro precario e, più in generale, al disinteresse rispetto ad una più equa ripartizione dei profitti generati dalla imprese(e non reinvestiti) tra la proprietà, l'alta dirigenza e la massa dei lavoratori.

Si tratta del risultato perverso di una politica economica definibile come "Keynesismo cialtrone", in cui l’indebitamento pubblico è servito storicamente a finanziare un mix di spesa pubblica largamente improduttiva e clientelare, di evasione fiscale e di interessi passivi sul debito (alla faccia dell'eutanasia del rentier invocata da Keynes).