Alla fine il M5S non è riuscito a
sfondare ed anzi, ha visto erodere il proprio consenso dal 25,6% raggiunto alle
elezioni politiche del febbraio 2013 (camera dei deputati), giù fino al 21,2% delle
europee …
… mentre il Partito Democratico
targato Renzi è cresciuto dal 25,4% al 40,2%, attraendo gli elettori orfani
della Scelta Civica di Monti ed altri delusi in libera uscita dallo stesso M5S
e dall’area dell’ ex PDL.
Chi ha sostenuto pubblicamente il
M5S ha sempre salutato nei suoi elettori la parte migliore del Paese, quella
non connivente con la casta, non
corrotta, quella non assuefatta e non rincitrullita, quella ormai disillusa
sull’euro, quella che ha trovato la forza per indignarsi e pretendere a gran
voce di mandarli tutti a casa.
Ebbene, una fetta di questi
elettori ha iniziato a chiedersi cosa ne abbia fatto il M5S dei milioni di
voti ricevuti … e la risposta non deve essere stata confortante, considerata la
scelta di astenersi dal voto o di cambiare cavallo, affidando le proprie
speranze a Renzi o, in misura minore, a partiti come la Lega e Fratelli
d’Italia, che hanno incentrato il loro programma sull’uscita dall’euro.
(per un’analisi dei flussi
elettorali si veda questo articolo pubblicato su Linkiesta)
La strategia attendista del duo Grillo&Casaleggio
l’avevamo evidenziata già lo scorso anno in questo post :
il M5S ha scelto di arroccarsi in un'opposizione intransigente, quanto sterile,
per poter lucrare politicamente sul malcontento e sulle tensioni sociali che
sarebbero derivate dalle politiche di austerità attuate dai partiti
tradizionali.
La mossa sarebbe pure riuscita con
il precedente governo Letta, impantanato com’era nella palude di una convivenza
forzata e litigiosa con il PDL di Berlusconi, ove l’unico obiettivo veramente
condiviso era quello di tirare a campare.
Ma con l’arrivo di Renzi la
scelta del M5S si è rilevata perdente...
Di fronte all’aurea di novità del rottamatore di Firenze, al piglio decisionista ed alla dimensione spettacolare dell’azione di governo, alla concretezza degli 80 euro lasciati in busta paga ai lavoratori a basso reddito, alla volontà espressa di smarcarsi dai sindacati e di non fare sconti alle inefficienze della pubblica amministrazione, alla benedizione dello spread che arretra … una parte degli elettori del M5S ha iniziato a giudicare quelle di Grillo&Casaleggio come una serie di sparate inconcludenti.
Di fronte all’aurea di novità del rottamatore di Firenze, al piglio decisionista ed alla dimensione spettacolare dell’azione di governo, alla concretezza degli 80 euro lasciati in busta paga ai lavoratori a basso reddito, alla volontà espressa di smarcarsi dai sindacati e di non fare sconti alle inefficienze della pubblica amministrazione, alla benedizione dello spread che arretra … una parte degli elettori del M5S ha iniziato a giudicare quelle di Grillo&Casaleggio come una serie di sparate inconcludenti.
Sarebbe però ingeneroso affermare
che il M5S, restandosene all’opposizione, non abbia esercitato un’influenza
decisiva sull’evoluzione della situazione politica. Senza la minaccia del dilagare
del M5S, i partiti di governo non avrebbero trovato quella forza della
disperazione per tentare il “cambio di passo”: prima la nascita del NCD e l’estromissione
di Berlusconi, con tutti i suoi ricatti; poi la sostituzione di Letta, equilibrista
e mediatore, con Renzi, istrionico e risoluto.
Veniamo ai risultati dei partiti che
si sono schierati apertamente per l’uscita dall’euro, senza se e senza ma.
La Lega targata Salvini è cresciuta
del 50%, dal 4,1% delle politiche 2013 al 6,2%. Mentre Fratelli d’Italia ha
raddoppiato la sua quota passando dal 2% al 4,15%.
Visto però in termini assoluti,
lo spostamento di voti verso queste due formazioni è stato di poco superiore al
4%. Questa evidenza, sommata all’erosione di consensi del M5S, che pure ha
sempre tenuto posizioni critiche sull’euro, deve fare riflettere chi si è ostinato
in questi anni ad assumere come unico obiettivo l’uscita dall’euro.
Il silenzio meditabondo predominante
tra i delusi è stato rotto qui e là dalle voci di chi imprecava contro il “popolo bue” … contro “l’umore volatile delle masse” … contro
le “tare storiche di un popolo che ama
essere assoggettato” …
Altri hanno preferito dare
addosso al duo Grillo&Casaleggio, accusandoli (i più benevoli) di troppa
moderazione e ambiguità sulla questione dell’uscita dall’euro … e sognando magari
che essi si mettano alla testa di una rivolta sociale, tipo il movimento dei
forconi …
Anche la tracotanza verbale che
solitamente caratterizza gli interventi del professor Bagnai, ha
lasciato il posto al flebile filo di voce con cui si è limitato a sentenziare che quella di
Renzi è una “vittoria di Pirro” e che
l’uscita dall’euro rimane un evento ineluttabile (la parabola usata dal nostro
è quella del vento, che non può essere fermato con le mani …)
Il fatto è che nell’attesa
di questo uragano salvifico che spazzerà via i cattivi e le loro menzogne, non
si può restare alla finestra, privi di una proposta politica spendibile nell'immediato.
Gli esiti delle elezioni ci dicono che in questo momento la stragrande maggioranza del Paese spera in una stabilizzazione della situazione dentro la moneta unica, anzichè tentare la sorte fuori di essa.
Questo non significa che in futuro non si finisca per uscire dall'euro... ma non ci si può più illudere che ciò avvenga ad esito di una scelta ordinata e consapevole dei cittadini (modello referendum), bensì perchè costretti da eventi così drammatici che auguro a me stesso ed a chiunque altro di poter evitare (si pensi al popolo greco: pur vivendo una situazione più drammatica della nostra, non si è ancora convinto dell'opportunità di uscire dalla moneta unica).
La battaglia politica per una società più giusta deve essere condotta oggi entro lo scenario dell'euro. E su questo punto, non posso che riproporre le
riflessioni contenute nel mio precedente post Uscire dall'Euro: siamo sicuri che sia questa la priorità ?
Un cordiale saluto.
Emilio L.
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